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L’iperfibrinogenemia è un indice prognostico indipendente nei pazienti con diabete ricoverati per sindrome coronarica acuta


Il diabete mellito promuove un’aterosclerosi polidistrettuale accelerata, più frequentemente a livello coronarico e correlabile alla presenza di uno stato infiammatorio sistemico cronico.
Lo scompenso metabolico espresso dalla glicemia e soprattutto dall’emoglobina glicata ( HbA1c ) gioca un ruolo fondamentale nel condizionare sfavorevolmente la prognosi.
I dati della letteratura confermano inoltre l’importanza dello stato flogistico nella progressione dell’ateromasia coronarica e nell’incidenza di eventi ischemici acuti; tuttavia non vi è ancora un’univoca interpretazione circa il ruolo del fibrinogeno come possibile marcatore di attività della placca e fattore prognostico indipendente.

L’obiettivo dello studio è stato quello di valutare il ruolo prognostico della fibrinogenemia nei pazienti diabetici con sindrome coronarica acuta.

Sono stati valutati 445 pazienti affetti da diabete mellito ( 280 M e 165 F ) e con sindrome coronarica acuta.
I pazienti sono stati sottoposti a valutazione clinica, ecocardiografica, screening ematochimico completo, coronarografia e a procedura di rivascolarizzazione miocardica percutanea ( PTCA ) e terapia medica in accordo con le lineeguida.

Dopo la dimissione i pazienti sono stati seguiti con un follow-up telefonico annuale sino a settembre 2006.

I pazienti arruolati avevano un’età media di 66,33 anni; l’87,4% era iperteso, il 69,2% dislipidemico, l’82,9% risultava già affetto da cardiopatia ischemica ed il 15,5% presentava un’insufficienza renale cronica.
I dosaggi ematochimici avevano evidenziato valori medi di fibrinogenemia pari a 394,62 mg/dl, colesterolemia totale 197 mg/dl, trigliceridemia 172,47 mg/dl, glicemia 177,83 mg/dl, HbA1c 7%, uricemia 6,14 mg/dl, creatininemia 1,12 mg/dl e proteina C-reattiva ( PCR ) 17,26 mg/l.

A 6 anni di follow-up, la sopravvivenza complessiva è risultata pari all’82%, con una mortalità cardiovascolare pari all’88,7% ( 59,1% per infarto miocardico acuto, 11,2% per ictus, 9,8% per scompenso cardiaco, 19,7% per arresto cardio-circolatorio ).

Dal confronto fra i pazienti vivi e deceduti all’analisi multivariata sono risultati fattori prognostici indipendenti in ordine di importanza: età ( 71,31 versus 65,24 anni ), creatininemia ( 1,45 mg/dl vs 1,05 mg/dl ), fibrinogenemia ( 379,24 mg/dl vs 461,27 mg/dl ), frazione d’eiezione ( 47,25% vs 52,15% ), glicemia ( 196,33 mg/dl vs 174 mg/dl ) e HbA1c ( 6.9 vs 8,3 ).

La proteina C-reattiva era un fattore prognostico solo all’analisi univariata, tuttavia suddividendo la popolazione in quartili di uguale numerosità in base alla fibrinogenemia, si è osservato come tale parametro fosse correlato alla PCR stessa.

Lo studio ha mostrato che l’iperfibrinogenemia è un indice prognostico indipendente nei pazienti diabetici ischemici. Il suo valore predittivo è risultato superiore rispetto alla glicemia e a HbA1c.
E’ stato confermato che lo stato infiammatorio svolge un ruolo importante nel condizionare l’instabilità della placca e l’incidenza di eventi ischemici fatali ( coronarici e cerebrovascolari ). ( Xagena2007 )

Fonte: Pulcini E et al, Giornale Italiano di Cardiologia, 2007


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